domenica 21 dicembre 2008

Il mobbing

Guardando nei blog dei miei compagni cercavo un esempio di "errata comunicazione" e il blog di Paola http://paolafioreblog.blogspot.com/search?updated-min=2008-01-01T00%3A00%3A00-08%3A00&updated-max=2009-01-01T00%3A00%3A00-08%3A00&max-results=10 è proprio quello che stavo cercando.
Tratterò in breve l'argomento del mobbing, in quanto esempio eclatante di comunicazione negativa.
esso si presenta come una forma di comunicazione ostile, diretta in modo sistematico da parte di uno o più individui verso un simile, il quale si trova così in una situazione di impotenza e mancanza di difese.
Ciò che al moderno Mobbing resta degli antichi costumi, è la tecnica di progressiva e sistematica diffusione di notizie finalizzate ad isolare una determinata vittima, a metterle contro l’intero gruppo e infine colpevolizzarla. Certo, oggi non si rischia più di finire al rogo o sulla forca per decreto regio, come avveniva al tempo della caccia alle streghe, ma si può ben affermare che lo sbocco di questi comportamenti vessatori è altrettanto dannoso, in quanto l’odierna vittima di Mobbing è indotta ad autodistruggersi e a ricorrere, nei casi più gravi, al suicidio. Si ha dunque, oggi come ieri, per dirla come Nietzsche, l’annichilimento dell’essere umano.

ATTRAVERSO QUALI AZIONI SI REALIZZA ?
  1. semplice emarginazione
  2. diffusione di maldicenze
  3. continue critiche
  4. persecuzione
  5. assegnazione di compiti dequalificanti
  6. compromissione dell’immagine sociale
  7. sabotaggio del lavoro e azioni illegali
E' proprio sul secondo punto che vorrei porre maggiore attenzione. Con la diffusione di maldicenze si intendono offese, intimidazioni o insulti, abusi di potere o ingiuste sanzioni disciplinari, che inducono, in colui contro il quale sono indirizzate, sentimenti di rabbia, minaccia, umiliazione,vulnerabilità, che mina la fiducia in sé stesso e può causare malattie da stress.

Pertanto, attraverso questo post, ho voluto sottolineare come nella realtà ad una comunicazione che rispecchia un'azione "positiva" si contrapponga una comunicazione di tipo "negativo". Quest'ultimo ha la capacità di distruggere (la personalità) dell'individuo che sta subendo l'atto vessatorio.

Fonti:
http://www.pavonerisorse.it/pof/rischidelmestiere/mobbing.pdf
http://sociologia.tesionline.it/sociologia/articolo.jsp?id=2598

Ascolto

Prendendo spunto dal blog della mia compagna di corso "http://lupag-tiascolto.blogspot.com/" mi è venuto in mente che uno dei fattori essenziale della comunicazione è "l'ascolto attivo".
Ma come ascoltare in modo attivo?
Come dimostrare capacità di porre attenzione alla comunicazione del proprio interlocutore?
L'ascolto attivo si basa sull'empatia e sull'accettazione. Esso si fonda sulla creazione di un rapporto positivo, caratterizzato da ''un clima in cui una persona possa sentirsi empaticamente compresa'' e, comunque, non giudicata.
Quando si pratica l'ascolto attivo, invece di porsi con atteggiamenti che tradizionalmente vengono considerati da ''buon osservatore'', ossia, come persone impassibili, ''neutrali'', sicure di sé, incuranti delle proprie emozioni e tese a nascondere e ignorare le proprie reazioni a quanto si ascolta, è più opportuno rendersi disponibili anche a comprendere realmente ciò che l'altro sta dicendo, mettendo anche in luce possibili difficoltà di comprensione. In questo modo è possibile stabilire rapporti di riconoscimento, rispetto e apprendimento reciproco. Per diventare ''attivo'', l'ascolto deve essere aperto e disponibile non solo verso l'altro e quello che dice, ma anche verso se stessi, per ascoltare le proprie reazioni, per essere consapevoli dei limiti del proprio punto di vista e per accettare il non sapere e la difficoltà di non capire.

I principali elementi che caratterizzano una buona attività di ascolto, sono:

  • sospendere i giudizi di valore e l'urgenza classificatoria, cercando di non definire a priori il proprio interlocutore o quanto egli dice in ''categorie'' di senso note e codificate
  • osservare ed ascoltare, raccogliendo tutte le informazioni necessarie sulla situazione contingente, ricordando che il silenzio aiuta a capire e che il vero ascolto è sempre nuovo, non è mai definito in anticipo in quanto rinuncia ad un sapere già acquisito
  • mettersi nei panni dell'altro - dimostrare empatia, cercando di assumere il punto di vista del proprio interlocutore e condividendo, per quello che è umanamente possibile, le sensazioni che manifesta
  • verificare la comprensione, sia a livello dei contenuti che della relazione, riservandosi, dunque, la possibilità di fare domande aperte per agevolare l'esposizione altrui e migliorare la propria comprensione
  • curare la logistica, facendo attenzione al contesto fisico-spaziale dell'ambiente in cui si svolge la comunicazione per agevolare l'interlocutore e farlo sentire il più possibile a proprio agio.

giovedì 11 dicembre 2008

Come si può comunicare

In precedenza ho parlato dei tre livelli della comunicazione riguardanti l'intenzionalità. E' opportuno, però, sapere che esistono altri livelli riguardanti la realizzazione del processo comunicativo.
Questi sono semplicemnte i modi con cui noi comunichiamo:
  1. Livello verbale parlato o scritto: esso riguarda il contenuto del messaggio (parole, corretto utilizzo dei termini del linguaggio...)
  2. Livello paraverbale: sono tutte le tonalità che noi diamo al messaggio (tono, pause dialogiche, spinte ed accellerazioni, velocità timbro volume, inflessioni dialettali...)
  3. Livello non verbale: in esso è contenuto tutto ciò che concerne il linguaggio corporeo connesso con il verbale (postura atteggiamento, gestualità, mimica facciale, respirazione, gestione dello pazio..)
  4. Livello simbolico visivo: è il linguaggio non verbale con forte valenza simbolica (abbigliamento, pettinatura, status symbol...)

E' chiaro che per ognuno di questi livelli la cultura, l'educazione hanno una forte influenza. Credo, però, che il punto numero tre abbia bisogno di una particolare attenzione. Ma di questo parlerò in un prossimo post.

Ciao a tutti!

Tratto da: http://www.vincenzomoretti.it/massa/ci.ppt#256,1,

Atto comunicativo

Prendendo spundo dal commento del nostro collega Saleh, ho pensato sia molto interessante parlare di "atto comunicativo".
L’atto comunicativo ha il compito di rendere comune l’oggetto della comunicazione tra due o più interlocutori. Esso deve essere inteso come la trasmissione di informazione attraverso messaggi, da un emittente a un destinatario. Perché tale processo avvenga, è necessario che le componenti che formano il messaggio (i segni) siano costruite secondo certe regole e combinate secondo altre; tali regole formano il codice. Se non fossero presenti queste regole, la comunicazione risulterebbe alquanto difficoltosa. La comunicazione umana si profila come un processo interattivo in cui ci si capisce in relazione a situazioni, interessi, attese e circostanze.
All’interno di un atto comunicativo non ci sono solo un emittente e un ricevente; bensì, come ci fa notare Jakobson, una situazione comunicativa è caratterizzata anche e soprattutto dal messaggio che viene trasmesso, dal codice mediante cui è codificato tale messaggio, dal canale (mezzo o strumento fisico della trasmissione del messaggio), dal contesto e dal contatto tra emittente e ricevente.
La comunicazione può quindi essere intesa come il processo che consiste nel trasmettere o nel far circolare delle informazioni, cioè un insieme di dati tutti o in parte sconosciuti al ricevente prima dell’atto comunicativo. Va inoltre sottolineato che:
a) la relazione tra emittente e ricevente è bilaterale e reversibile, nel senso che ciascun partner presenta la possibilità di assumere anche il ruolo dell’altro;b) -poiché il messaggio è considerato quale portatore di significato, allora esso conduce all’azione;
c)nell’atto della comunicazione l’emittente e il ricevente si adattano l’uno all’altro e alla situazione generale per trasmettere il significato;
d)la situazione fondamentale della comunicazione è il dialogo, ma nella realtà concreta la relazione tra emittente e ricevente si trova integrata in una molteplicità di reti. Ogni relazione è cioè influenzata dall’esistenza di una vasta e complessa relazione sociale;
e)la comunicazione umana è un atto guidato dall’intenzionalità.Il momento dell’emissione di un messaggio è caratterizzato dalla necessità di trasformare un contenuto psichico in un fatto obiettivo per trasmetterlo all’interlocutore e per far sì che questo ultimo lo possa comprendere.
Il secondo momento dell’atto comunicativo è costituito dalla decodifica del messaggio trasmesso: si tratta di un processo dinamico e complesso che comporta una ricca attività cosciente, attenzione e sforzo per raccogliere tutti i dati necessari alla comprensione di una espressione. Una volta percepito e decifrato il messaggio (verbale o meno) lo si deve ricostruire. La ricezione implica una continua creazione, consistente nel tentativo di ricercare il significato inteso dall’emittente. Quindi, accanto alla percezione e al riconoscimento dei segni, si ha anche l’interpretazione di tale messaggio. Ma non sempre si arriva alla percezione esatta del messaggio trasmesso, in quanto questa può venire alterata da elementi di disturbo, quali ad esempio componenti emotive, stati patologici che compromettono l’esito della comunicazione. Poiché il problema della malattia mentale da sempre coincide con quello del rapporto tra individuo e organizzazione, allora molto spesso, contesto e aspettative agiscono in modo integrato, facendo sì che percepiamo le cose e le persone come ci aspettiamo di trovarle. Si tende cioè ad interpretare i segni in modo che risultino compatibili con le nostre credenze. A loro è stata data quindi notevole importanza in ambito comunicativo.

Fonti:
[S. Gensini (a cura di), Manuale della comunicazione, Ed. Carocci, Roma, 1999, p. 25].
[Enciclopedia Garzanti di filosofia, p. 195].
[Ricci Bitti, Zani, op. cit. p. 26].

Comunicazione e Linguaggio

L’uomo e il suo comportamento sono da sempre il prodotto della presenza simultanea degli elementi di carattere biologico, psicologico, affettivo e sociale. Da questo deriva il fatto che la comunicazione deve essere considerata, in tutte le sue forme, un fattore determinante degli scambi reciproci tra individui. Se da una parte è vero che l’uomo comunica verbalmente attraverso apparati biologici esclusivi della sua specie (corde vocali, area cerebrale del linguaggio…), è anche vero che l’estrema artificiosità ed articolazione della comunicazione umana, deriva da un’acquisizione culturale che va ben oltre la trasmissione genetica e viene inscritta nella storia di ogni uomo; in modo particolare nel suo gruppo sociale di appartenenza. Comunicare significa rendere comune e deriva dall’aggettivo “comune”, la cui etimologia, da cum (con) e munus (incarico), sta propriamente per “che compie l’incarico insieme con altri”
[S. Marsicano (a cura di), Comunicazione e disagio sociale, Ed. F. Angeli, Milano, 1987, pp. 215, 216].

venerdì 5 dicembre 2008

Tre livelli di comunicazione

Esistono tre livelli di comunicazione:

  1. Livello 0 della comunicazione: quando il soggetto non ha un'intenzione comunicativa e reagisce in modo automatico ad uno stimolo esterno (processamento pre-attentivo);
  2. Livello 1 della comunicazione: presenza di intenzioni di primo livello (intenzioni semplici) che comprendono sia atti comunicativi stereotipati (es: un saluto), sia gli scambi comunicativi comuni e abitudinari;
  3. Livello 2 della comunicazione: è la metaintenzione, ovvero il soggetto ha la consapevolezza di comunicare comunicando. Corrisponde alla comunicazione focalizzata.

Grazie a questa differenziazione e gradualtià delle intenzioni comunicative il soggetto può produrre un messaggio efficace e facilmente capito dal ricevente in funzione anche delle proprie conoscenze enciclopediche, delle opportunità e dei vincoli contestuali.

Intenzione e comunicazione

In tutti i tipi di comunicazione, che sia in forma scritta (e-mail, sms,lettera...) o che sia vocale (telefonata, discorso in pubblico...) è necessaria "l'intenzione".
L’atto comunicativo coinvolge processi complessi e tra loro diversificati. Prerequisito perché esso abbia luogo è che l’individuo pianifichi intenzionalmente i significati che vuole comunicare in modo consapevole e che metta in atto strategie comportamentali adeguate alle proprie finalità. In particolare, facciamo riferimento al processo di intenzionalizzazione come meccanismo dinamico che coinvolge parlante e destinatario, in cui sono attivi sia i processi di esibizione della propria intenzione comunicativa di produrre un effetto nel destinatario (intenzionalizzazione del parlante), sia i processi di interpretazione dell’intenzione comunicativa del parlante da parte del destinatario (reintenzionalizzazione). Tale processo supporta a sua volta una serie di funzioni che operano affinché l’atto comunicativo abbia luogo efficacemente: la definizione degli obiettivi comunicativi, le strategie comportamentali per l’attuazione del piano comunicativo, il monitoraggio e l’automonitoraggio del processo in sé e degli effetti prodotti dalle proprie azioni. L’intero sistema si avvale di un insieme di competenze di coordinamento che sono necessarie alla regolazione dell’intenzione. In particolare, l’articolazione dei processi intenzionali richiede l’intervento di meccanismi attentivi finalizzati alla selezione dell’informazione e alla formulazione di rappresentazioni appropriate (piano rappresentazionale comunicativo), da un lato, e all’organizzazione del sistema effettore (pianificazione delle azioni comunicative) dall’altro. Tali operazioni implicano il coinvolgimento di meccanismi di coordinamento centrale, in quanto processi controllati di metalivello che richiedono l’intervento volontario da parte del comunicante.

lunedì 1 dicembre 2008

Iniziamo

Salve a tutti!

Mi chiamo Nadja e essendo alla prima lezione mi sento un po' impacciata! Ho qualche difficoltà nel capire i procedimenti ma sono convinta che con un po' di pratica posso raggiungere dei risultati soddisfacenti!